Johanna Alexandra Jacobi (Thorn 1896 – Concord 1990), detta Lotte, è stata una fotografa attiva prima in Germania, poi negli Stati Uniti, dove si trasferisce nel 1935 in fuga dal nazismo. Cresciuta in una famiglia di fotografi (scatta la prima fotografia a 12 anni con una macchina a foro stenopeico), nel 1927 rileva lo studio berlinese che era stato di suo padre, a sua volta iniziato alla professione dal nonno, di cui si diceva fosse stato allievo di Daguerre. Intanto la giovane Lotte aveva seguito corsi di storia dell’arte e della letteratura all’Accademia di Posen, studiato cinema e fotografia a Monaco, e aveva sposato il commerciante in legname Siegbert Fritz Honig, da cui avrà un figlio l’anno successivo e si separerà poco dopo. La sua attività fotografica spazia dall’illustrazione di riviste alla fotografia di viaggio, dalla documentazione alla pubblicità, fino alla collaborazione con diversi artisti del suo tempo. Tra questi John Heartfield, figura di rilievo nel movimento dadaista berlinese, autore di celebri fotomontaggi satirici e di protesta pubblicati sugli organi del Partito Comunista Tedesco, e la fotografa italiana Tina Modotti, tra le maggiori testimoni della rivoluzione e della primavera culturale messicana.
All’inizio degli anni Trenta lavora per alcune agenzie di stampa russe, e viaggia nella Mosca comunista. Nel 1931 (anno in cui vince la medaglia d’argento al Royal Photographic Salon di Tokyo) rinuncia ufficialmente al credo ebraico. Le sue origini e l’appartenenza politica la costringono, a due anni dalla presa di potere del Partito Nazionalsocialista, a fuggire in America, dove dedicherà molte energie all’aiuto degli emigranti in fuga dai totalitarismi. Nel 1936 apre il suo studio a New York e inizia a collaborare con le maggiori riviste americane. La più celebre, “Life”, le rifiuta nel 1938 la serie di fotografie che Jacobi scatta a Albert Einstein giudicandole troppo eccentriche. Vi appare il grande fisico, anche lui ebreo in esilio volontario (come è noto si trovava negli Usa durante l’avvento al potere di Hitler e non fece più ritorno in Europa), nella sua casa di Princeton, in un ritratto in cui indossa una giacca di pelle, e in una serie in cui è ripreso su una piccola barca a vela, da cui scende coi sandali ai piedi. Destinate a diventare molto famose, queste immagini tradiscono ogni regola di raffigurazione di personaggi pubblici, appartenenti al mondo del sapere e della scienza. Era stato Einstein a pretendere che fosse lei a ritrarlo. Fotograferà nei primi anni americani moltissimi artisti e intellettuali rifugiati negli Usa, e molti danzatori, ampliando un’opera di documentazione e creazione a partire dalla danza e dal teatro che aveva iniziato nel vivace ambiente berlinese ante-guerra. Amica di molti di questi artisti, Jacobi aveva spaziato dal ritratto d’attore alle ricerche sull’espressione del volto e del corpo, arrivando a sperimentare, come altre fotografe tedesche sue contemporanee, la fotografia di danza in studio e l’arresto del movimento. A Berlino aveva fotografato – tra gli altri – Niura Norskaya, Nona Fery, Harold Kreutzberg, Peter Lorre, Kurt Weil, Lotte Lenya, Claire Bauroff, in America riprende le danze di Pauline Koner e di Hanya Holm e la sua compagnia.
Nel 1940 la fotografa sposa lo scrittore tedesco Erich Reiss, che era stato imprigionato in Germania ed era poi riuscito a emigrare negli Stati Uniti, e nel 1944 viene naturalizzata cittadina americana.
Alla metà degli anni Cinquanta si trasferisce nel New Hampshire, dove sposta il suo studio, continua l’attività di apprezzata ritrattista e parallelamente si interessa all’umanità contadina dell’America rurale, dedicandosi con nuova energia alla fotografia di strada e al sociale. Sono questi gli anni di una ripresa dell’impegno politico che la vede coinvolta nelle attività, sia locali che nazionali, del Partito Democratico, di cui è anche fotografa con autorizzazione per la stampa e l’informazione. Dalla metà degli anni Settanta inizia a ricevere numerosi riconoscimenti che attestano il suo straordinario contributo alla fotografia americana. Attiva fino alla vecchiaia, mentore di giovani fotografi, attenta al lavoro di raccolta e di archiviazione della sua produzione, Lotte Jacobi muore in una casa di riposo a Concord, nel New Hampshire, all’età di 93 anni. L’archivio che raccoglie i negativi e le carte della fotografa è conservato presso la University of New Hampshire, mentre la sua opera è conservata in diverse istituzioni sparse nel mondo tra cui i newyorchesi Museum of Modern Art e Metropolitan Museum of Art, la National Gallery of Art di Washington, il bostoniano Museum of Fine Arts e il Folkwang Museum di Essen in Germania. [Samantha Marenzi]
Fonti e Bibl.: Jacobi place: portrait of a photographer, with text by Ute Eskildsen, Sally Stein, Peter A. Moriaty, Manchester Instituite of Art and Science, Manchester 1977; Lotte Jacobi. Portraits & photogenics, text by Tom Beck, University of Maryland, Baltimore 1978; Lotte Jacobi. Theatre and dance photographs, introduction by Cornell Capa, Countryman Press, Vermont 1982; Marion Beckers, Elisabeth Moortgat (eds), Lotte Jacobi. Berlin – New York, Nicolai Verlag, Berlin 1998 [ed. or. in lingua tedesca 1997] – si rimanda a questo volume per la lista completa di mostre, cataloghi e articoli di e sulla fotografa.