Ritmo / Visualizzazione

All’inizio del Novecento, nella corrente rinnovatrice della danza che ha caratterizzato la cultura europea così come quella americana attraverso reciproci influssi, la musica diventa in alcune pratiche la matrice di un processo di rigenerazione del movimento espressivo. In questa traiettoria il metodo della ginnastica ritmica dalcroziana, si è distinto radicalmente, offrendo stimoli tanto alla danza quanto al teatro. Nel suo sistema, che nasce come metodo di studio della musica, il ritmo si pone come natura primaria del movimento, ma con l’obiettivo di rendere visibili nello spazio i ritmi musicali incarnati dagli impulsi motori. Nella ricerca di un’unione armonica del corpo, della musica e del movimento ritmico, Dalcroze si rifà al modello greco calandolo in uno stile moderno che ne rinnova le forme.

Questo viene mostrato dalle fotografie di Frédéric Boissonnas, le quali contribuiscono a inserire la rappresentazione ritmica in una visione che rimanda a un’antichità fuori dal tempo. La musica, intesa come dimensione che dà forma e proporzione ai movimenti coreografici, negli scatti si traduce in un fregio scultoreo dall’andamento narrativo che evoca uno scorrere del tempo.

Il movimento come visualizzazione della musica penetra oltreoceano configurando le Music Visualizations di Ted Shawn e Ruth St. Denis, pionieri della danza moderna e fondatori nel 1915 a Los Angeles della Ruth St. Denis School of Dancing and Its Related Arts, poi Danishawn School.

La musica non è solo un’ispirazione per le loro danze, ma una precisa strategia di astrazione del movimento che traduce scientificamente, come scrive St. Denis, le variazioni di intensità e durata della musica con la dinamica dei movimenti, quasi a far corrispondere ogni valore musicale a un’azione. Anche nelle loro danze il modello greco ispira forme e pose, ma viene arricchito da suggestioni tratte dall’Oriente. Ne sono testimonianza gli scatti del fotografo americano Arthur F. Kales, membro dall’inizio degli anni Venti del Camera Pictorialists di Los Angeles, manifestazione locale del movimento ormai diffuso a livello internazionale. È nello  stesso periodo che Kales riprende le Danishawn Dancers in danze tratte da Schubert e Beethoven.

Negli scatti del fotografo la musica rimane come fattore compositivo dei corpi ed è nella luce materica diffusa in uno spazio denso e indefinito, che i movimenti si modellano come volumi e acquisiscono un ritmo ulteriore. [Simona Silvestri]

 

 

L’Antico è la vita stessa. Non v’è nulla di più vivo dell’Antico, e nessuno stile al mondo ha saputo né potuto raffigurare la Vita nello stesso modo.

L’Antico ha saputo raffigurare la Vita, perché gli antichi sono stati i più grandi, i più seri, i più mirabili osservatori della Natura che siano mai esistiti.

L’Antico ha potuto raffigurare la Vita, perché gli antichi, grazie a questa maestria nell’osservazione della Natura, hanno saputo vedere quel che vi è di essenziale, ossia i grandi piani e i loro dettagli, le loro grandi ombre. E poiché in questo risiede la verità stessa, le loro figure, costruite secondo tali princìpi, hanno conservato nel corso dei secoli tutta la loro potenza. [Auguste Rodin, La Lezione dell’Antico, Abscondita, Milano, 2007, p. 11 (ed. or. 1904)]

* * *

[…] È della vita che ci occupiamo. Il nostro corpo reca in potenza il movimento, qualsiasi movimento; e il movimento è il segno della vita. Al contrario la musica racchiude sì la durata in potenza, ma non qualsiasi durata. Essa è l’espressione della nostra anima. Non c’è nessun parallelismo fra l’azione normale del corpo e l’esistenza effettiva della musica. [Adolphe Appia, L’Opera d’arte vivente, in Attore, musica e scena, a cura di Ferruccio Marotti, Feltrinelli, Milano, 1975, p. 181 (ed. or. 1921)]

 

Sarà la musica, seguendo i principi di una ritmica naturale, a fare il miracolo di raggruppare queste masse, di separarle, di infiammarle e di placarle, di «strumentarle» e di «orchestrarle». […] Nasceranno nuove musiche che avranno il potere di animare le masse, di insegnar loro i vari modi di contrappuntare, fraseggiare, sfumare i periodi di ordine sonoro, creati per essere interpretati corporalmente. […] La conoscenza delle varie risorse del corpo umano contribuirà alla nascita di un nuovo genere di danza […]. Esse saranno intimamente unite a tutti i bisogni di ideali, di espressione dei sentimenti e di espressione stilizzata che soltanto una musica, dettata dall’imperiosa necessità di dinamica e di agogica imposte dalla fluttuazione del temperamento umano può concretizzare. [Émile Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, a cura di Louisa Di Segni-Jaffé, EDT, Torino, 2008, p. XXXIII (ed. or. 1920)]

* * *

Conosci la differenza tra metro e ritmo? Che cos’è il metro? Il metro è una determinata ripartizione del tempo. Il metro serve a tenere il tempo, in musica per esempio il valzer è in tre quarti, allora il metro è il tempo che si può contare: un, due, tre. Il ritmo provvede a nascondere il metro con tutti i metodi possibili, i metodi più complessi, in modo da impedirgli di intrufolarsi e di farsi sentire […] Il ritmo tenta di inserire delle sfumature che coprano questi «un, due, tre,» il ritmo scompone questo calcolo del tempo in un’intera serie di sfumature. [Vsevolod Mejerchol’d, L’attore biomeccanico, a cura di Fausto Malcovadi, Cuepress, Imola-Bologna, 2016, p. 105 (Lezione di Mejerchol’d al Gektetim, 5 settembre 1932)]

 

All’inizio del Novecento, nella corrente rinnovatrice della danza che ha caratterizzato la cultura europea così come quella americana attraverso reciproci influssi, la musica diventa in alcune pratiche la matrice di un processo di rigenerazione del movimento espressivo. In questa traiettoria il metodo della ginnastica ritmica dalcroziana, si è distinto radicalmente, offrendo stimoli tanto alla danza quanto al teatro. Nel suo sistema, che nasce come metodo di studio della musica, il ritmo si pone come natura primaria del movimento, ma con l’obiettivo di rendere visibili nello spazio i ritmi musicali incarnati dagli impulsi motori. Nella ricerca di un’unione armonica del corpo, della musica e del movimento ritmico, Dalcroze si rifà al modello greco calandolo in uno stile moderno che ne rinnova le forme.

Questo viene mostrato dalle fotografie di Frédéric Boissonnas, le quali contribuiscono a inserire la rappresentazione ritmica in una visione che rimanda a un’antichità fuori dal tempo. La musica, intesa come dimensione che dà forma e proporzione ai movimenti coreografici, negli scatti si traduce in un fregio scultoreo dall’andamento narrativo che evoca uno scorrere del tempo.

Il movimento come visualizzazione della musica penetra oltreoceano configurando le Music Visualizations di Ted Shawn e Ruth St. Denis, pionieri della danza moderna e fondatori nel 1915 a Los Angeles della Ruth St. Denis School of Dancing and Its Related Arts, poi Danishawn School.

La musica non è solo un’ispirazione per le loro danze, ma una precisa strategia di astrazione del movimento che traduce scientificamente, come scrive St. Denis, le variazioni di intensità e durata della musica con la dinamica dei movimenti, quasi a far corrispondere ogni valore musicale a un’azione. Anche nelle loro danze il modello greco ispira forme e pose, ma viene arricchito da suggestioni tratte dall’Oriente. Ne sono testimonianza gli scatti del fotografo americano Arthur F. Kales, membro dall’inizio degli anni Venti del Camera Pictorialists di Los Angeles, manifestazione locale del movimento ormai diffuso a livello internazionale. È nello  stesso periodo che Kales riprende le Danishawn Dancers in danze tratte da Schubert e Beethoven.

Negli scatti del fotografo la musica rimane come fattore compositivo dei corpi ed è nella luce materica diffusa in uno spazio denso e indefinito, che i movimenti si modellano come volumi e acquisiscono un ritmo ulteriore. [Simona Silvestri]

 

 

L’Antico è la vita stessa. Non v’è nulla di più vivo dell’Antico, e nessuno stile al mondo ha saputo né potuto raffigurare la Vita nello stesso modo.

L’Antico ha saputo raffigurare la Vita, perché gli antichi sono stati i più grandi, i più seri, i più mirabili osservatori della Natura che siano mai esistiti.

L’Antico ha potuto raffigurare la Vita, perché gli antichi, grazie a questa maestria nell’osservazione della Natura, hanno saputo vedere quel che vi è di essenziale, ossia i grandi piani e i loro dettagli, le loro grandi ombre. E poiché in questo risiede la verità stessa, le loro figure, costruite secondo tali princìpi, hanno conservato nel corso dei secoli tutta la loro potenza. [Auguste Rodin, La Lezione dell’Antico, Abscondita, Milano, 2007, p. 11 (ed. or. 1904)]

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[…] È della vita che ci occupiamo. Il nostro corpo reca in potenza il movimento, qualsiasi movimento; e il movimento è il segno della vita. Al contrario la musica racchiude sì la durata in potenza, ma non qualsiasi durata. Essa è l’espressione della nostra anima. Non c’è nessun parallelismo fra l’azione normale del corpo e l’esistenza effettiva della musica. [Adolphe Appia, L’Opera d’arte vivente, in Attore, musica e scena, a cura di Ferruccio Marotti, Feltrinelli, Milano, 1975, p. 181 (ed. or. 1921)]

 

Sarà la musica, seguendo i principi di una ritmica naturale, a fare il miracolo di raggruppare queste masse, di separarle, di infiammarle e di placarle, di «strumentarle» e di «orchestrarle». […] Nasceranno nuove musiche che avranno il potere di animare le masse, di insegnar loro i vari modi di contrappuntare, fraseggiare, sfumare i periodi di ordine sonoro, creati per essere interpretati corporalmente. […] La conoscenza delle varie risorse del corpo umano contribuirà alla nascita di un nuovo genere di danza […]. Esse saranno intimamente unite a tutti i bisogni di ideali, di espressione dei sentimenti e di espressione stilizzata che soltanto una musica, dettata dall’imperiosa necessità di dinamica e di agogica imposte dalla fluttuazione del temperamento umano può concretizzare. [Émile Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, a cura di Louisa Di Segni-Jaffé, EDT, Torino, 2008, p. XXXIII (ed. or. 1920)]

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Conosci la differenza tra metro e ritmo? Che cos’è il metro? Il metro è una determinata ripartizione del tempo. Il metro serve a tenere il tempo, in musica per esempio il valzer è in tre quarti, allora il metro è il tempo che si può contare: un, due, tre. Il ritmo provvede a nascondere il metro con tutti i metodi possibili, i metodi più complessi, in modo da impedirgli di intrufolarsi e di farsi sentire […] Il ritmo tenta di inserire delle sfumature che coprano questi «un, due, tre,» il ritmo scompone questo calcolo del tempo in un’intera serie di sfumature. [Vsevolod Mejerchol’d, L’attore biomeccanico, a cura di Fausto Malcovadi, Cuepress, Imola-Bologna, 2016, p. 105 (Lezione di Mejerchol’d al Gektetim, 5 settembre 1932)]