Sconosciuto

Anna Pavlova

Anna Pavlova (San Pietroburgo 1881 – L’Aia 1931) è stata una delle più grandi protagoniste del balletto nei primi decenni del Novecento. Nata in una famiglia di umili origini, fin da piccola manifestò una spiccata predisposizione all’immaginazione e alla creatività. Nel 1890, all’età di otto anni, assistette per la prima volta a uno spettacolo di balletto, una rappresentazione de La Bella Addormentata al Teatro Mariinsky che suscitò in lei un’irrefrenabile passione per la danza. Solo due anni dopo lo spettacolo, la sua vita cambiò radicalmente: superato l’esame di ammissione, iniziò gli studi presso la Scuola dei Balletti Imperiali, diretti al tempo da Marius Petipa. Nonostante fosse considerata una ballerina fragile – anche se molto dedita all’allenamento quotidiano –  dimostrò un talento che attrasse l’attenzione degli insegnanti: oltre a Petipa, seguirono la sua formazione – più tradizionale – Christian Johansenn, Pavel Gerdt ed Enrico Cecchetti. Raggiunto il conseguimento del diploma, nel 1899 entrò subito a far parte del corpo di ballo del Mariinsky, ricoprendo nel 1902 già il ruolo di seconda solista. Nel frattempo continuò a perfezionare la tecnica, trasferendosi per un breve periodo a Milano dove si formò con Caterina Beretta. Raggiunti in breve tempo livelli superlativi, l’anno successivo divenne prima solista.

Nel 1906, l’interpretazione de Il Lago dei Cigni suscitò lo stupore degli spettatori che si trovarono di fronte una nuova stella del mondo della danza: grazie alle straordinarie doti tecniche ed espressive e col suo corpo esile ed etereo rivoluzionò l’ideale canonico della ballerina, dando forma a un’interpretazione di un’intensità ed eleganza mai viste prima e ottenendo, nello stesso anno, il ruolo di prima ballerina. Spinta a un continuo rinnovamento, Pavlova fu inoltre una delle prime interpreti delle produzioni del coreografo Mikhail Fokine, impegnato in un progetto di riforma che prevedeva l’abolizione della separazione tra danza e pantomima e l’uso di qualsiasi forma codificata in virtù di una più libera improvvisazione. Tra i balletti da lei interpretati si ricordano: La Tapisserie Enchantèe (1907), Une Nuit d’Égypte e Chopiniana (1908); nonché la coreografia per lei composta nel 1901, La morte du Cygne, variazione estratta dal Carnevale degli Animali di Camille Saint-Saëns, la cui interpretazione cristallizzò l’immaginario della ballerina ideale da lì in avanti legata a caratteristiche di leggerezza e lirismo romantico. Con un nuovo linguaggio corporeo lirico e drammatizzante, al confine tra tradizione e innovazione, si affermò tra le eccellenze del mondo della danza lasciando un segno indelebile nel decorso della storia e alla cultura del balletto: fu Pavlova ad introdurre l’utilizzo di una tunica lunga ed attillata in memoria della più grande ballerina romantica, Maria Taglioni. E ancora: con lo scopo di garantire un miglior supporto alle caviglie fragili, fu lei che attuò un avanzamento verso tempi più moderni applicando un’aggiunta di pelle dura alle suole delle scarpette da punta. A partire dal 1907 la ballerina iniziò ad acquisire una grande fama. Nel 1909 partecipò alla prima tournée dei Balletti Russi, conquistando il consenso del pubblico internazionale e danzando al fianco di artisti come Laurent Novikoff, Thadee Slavinsky, Olga Spessivtzeva, Anatole Vilz, Alexander Violinine e, non per ultimo, di Vaclav Fomiċ Niżinskij con il quale duetterà ne Le Sylphides (1909). Ma la personalità, per molti individualista, della danzatrice mal si accordò all’intento collettivo della compagnia ed il suo gusto non si sposò affatto con le innovazioni da loro attuate: rifiutato il ruolo in L’Uccello di Fuoco (1910), terminò la sua esperienza con Diaghilev – anche se per qualche anno continuò a danzare come ospite sul palco dei Balletti Russi. Nel 1910 fece la sua prima apparizione in America al Metropolitan Opera House dove suscitò la meraviglia degli spettatori e del 1913 fu la sua ultima apparizione con l’Imperial Ballet.

Nel 1912 acquistò la celebre Ivy House a Londra dove si stabilì con Victor Dandré, il suo storico impresario sposato l’anno precedente, e dove furono concepiti e provati i molteplici balletti della sua compagnia, a partire dai classici Giselle, Il flauto magico, La Fille mal gardée, Il risveglio della flora, La fata delle bambole, Les Sylphides, fino a rivisitazioni e riadattamenti di scene di balletti come Snowflakes, basato sulla scena della foresta innevata de Lo Schiaccianoci. Non per ultimi, invece, i balletti solistici per lei appositamente coreografati da Ivan Clustine, tra cui The Dragonfly, The California Poppy e Invitation to the Valse. Con questo repertorio basato sulla tradizione accademica ma capace di rinnovarla e attualizzarla rispetto al gusto contemporaneo (influenzato dai temi e dalle estetiche della danza libera), Pavlova fu la protagonista indiscussa del balletto e riuscì a realizzare il progetto di divulgare l’amore e l’arte della danza affinché diventasse un vero e proprio intrattenimento popolare. Radunando i più disparati artisti continuò a esibirsi per i teatri di tutto il mondo: visitò nuovamente l’America; andò in Sud America, a Bahia e Salvador, e in Giappone, Cina, India, Birmania, Egitto, traendo spesso ispirazione dalle popolari e tradizionali. Nel 1926 organizzò un tour in Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda, per poi tornare tra il 1928 e il 1931 in Europa. Fu proprio durante uno degli ultimi suoi tour che contrasse una grave polmonite e morì nella città dell’Aia nel gennaio 1931. [Annagrazia Marchionni]

 

Fonti e Bibl.: Victor Dandré, Anna Pavlova, Cassel, London 1932; André Oliveroff, Flight of the Swan: A Memory of Anna Pavlova, Dutton, Boston 1935; Paul Magriel, Pavlova: an Illustrated Monograph, A. & C. Black, Londra 1941; Gladys Malvern, Dancing Star: The Story of Anna Pavlova, Julian Messner, New York 1943 (seconda edizione Collins, New York 1954); Sergej Mihajlovič Lifar’, Anna Pavlova et la danse de son temps, in «Bibliothèque – musée de l’Opéra», gennaio-febbraio, 1956; Harcourt Algeranoff, My years with Pavlova, Heinemann, Portsmouth 1957; Serge Lifar, The Three Graces: Anna Pavlova, Tamara Karsavina, Olga Spessivtzeva – The Legend and the Truth, Cassel, London 1959; Oleg Kerensky, Anna Pavlova, Hamish Hamilton, London 1973; Valerian Svietlov, Anna Pavlova, Dover Publications, Michigan 1974; Arthur Henry Franks, Pavlova Commemoration Committee, Pavlova: a biography, Da Capo Press, Cambridge 1979; John Lazzarini, Roberta Lazzarini, Pavlova: Repertoire of a legend, Schirmer Books, New York 1980; Jean S. Marshall, The Memory of Pavlova, in Dance Research Journal, Edimburgh Univerity Press, Edimburgo, vol. 14, n. 1/2, 1981-1982; Keith Money, Anna Pavlova: her life and art, Knopf, Minneapolis 1982; Ellen Levine, Anna Pavlova: Genius of The Dance, Scholastic, New York 1995; Barbara Allman, Dance of the Swan: A Story About Anna Pavlova, Carolrhoda Books, Minneapolis 2001; Silvia Mei, Anna Pavlova, danzatrice eurasiana?, in «Antropologia e Teatro», n. 1, 2010; Carrie Gaiser Casey, The Ballet corporalities of Anna Pavlova and Albertina Rasch, in «Dance Chronicle», Taylor & Francis, Milton Park, vol. 35, n. 1, 2012; Jane Pritchard, Caroline Hamilton, Anna Pavlova: Twentieth Century Ballerina, Harry N. Abrams, New York 2013; Martine Planners, Anna Pavlova. L’incomparabile, Gramese, Roma 2019.